Scarfiotti Ludovico

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IMMAGINI

Ludovico Scarfiotti, nato a Torino il 18 ottobre 1933 è stato un pilota automobilistico italiano. Definito il più grande stradista e fondista del suo tempo, il massimo pilota di corsa in salita, l’ultimo grande gentleman – driver dello sport automobilistico.

La carriera


Eccezionale bravura per le corse su strada e di resistenza, ma altrettanto capace sul circuito di F1. Ludovico Scarfiotti, non aveva fatto che riprendere una tradizione familiare. Il nonno avvocato, Ludovico come lui, era stato tra i fondatori e primo Presidente della Fiat. Il padre, ing. Luigi, deputato al Parlamento italiano, era stato in gioventù un buon pilota. La famiglia era proprietaria di uno stabilimento per la produzione del cemento a Porto Recanati ma Ludovico trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza a Potenza Picena. Ad otto anni si divertiva a guidare una vettura in miniatura, dotata di un motore Benelli 175, con tanto di cambio a tre marce, colore argento che gli aveva costruito l’uomo di fiducia di suo padre, Giacomo Foresi. A diciannove anni, la prima corsa, nelle Marche, su una Fiat 500 C con cui si classifica primo di categoria. Dopo qualche gara a carattere regionale, il debutto sulla scena agonistica nazionale alla Mille Miglia del 1956, su una Fiat 1100 TV elaborata da De Sanctis. Il risultato non è male per un esordiente: primo di categoria 1300 cc, media di 108 km/h, 14 ore e trentanove ore di guida filate, senza un attimo di sosta. Fu la gara che segnò l’ingresso in una dimensione professionale. L’anno dopo acquista una Fiat 8V 2000 carrozzata Zagato con cui vince sei corse e conquista due titoli di Campione Italiano Gran Turismo: velocità e montagna. Nel 1958, altro acquisto: una Osca 1100 sport. Partecipa a quattordici gare e ne vince dodici, tanto da risultare nuovamente Campione Italiano e vincitore del Trofeo della Montagna anche per la classe 1100 sport. Con la Osca continua a correre per altri tre anni, dal 1959 al 1961, migliorando ulteriormente le sue eccezionali doti di pilota di vetture sport, sia in montagna sia in circuito. Nel 1962 cambia scuderia: gareggia per la Ferrari e per la Scuderia Sant’Ambroeus. Su una Ferrari Dino 2000 vince il Campionato Europeo della Montagna, su una Abarth 1000 il circuito del Garda. E arriva il 1963, l’anno della consacrazione a pilota internazionale di grande valore. Due vittorie clamorose, alla 12 ore di Sebring in coppia con Surtees, alla 24 ore di Le Mans, in coppia con Bandini, un secondo posto alla Targa Florio e soprattutto il debutto nella F1, con un sesto posto al Gran Premio d’Olanda, sempre su Ferrari. Ma succede l’imprevisto: nelle prove del Gran Premio di Reims Ludovico slitta sul fondo bagnato del tracciato, esce di strada e si ferisce gravemente. Alla ripresa della stagione 1964 è di nuovo sui campi di gara. Con la Ferrari vince, in coppia con Vaccarella, la 1000 km del Nurburgring, e la 12 ore di Reims, in coppia con Parkes. Si classifica primo anche nella gara in salita di Ollon Villars, con la Ferrari 250 Le Mans. Il 1965 e il 1966 sono stagioni magiche. Con la Ferrari Dino 206 vince di nuovo il Campionato Europeo della Montagna; con il prototipo 4000 la 1000 km del Nurburgring. Giunge secondo, sempre con la 4000 e sempre con Parkes, alla 1000 km di Monza. Alla fine della stagione é insignito del premio “Ascari-Castellotti-Musso” quale miglior pilota italiano dell’anno. Altrettanto ricca di successi, e forse più, è la stagione 1966. Conquista, in coppia con Surtees, la 1000 km di Spa, e soprattutto vince, con la Ferrari 312 F1-66 a 12 cilindri, il Gran Premio d’Italia a Monza. E’ la prima volta che vince un italiano dopo Ascari, nel 1952: quattordici anni di attesa. E’ la sua vittoria più grande, quella che ne consacra definitivamente il valore come pilota della massima categoria. Nella sua città viene accolto come un eroe e festeggiato pubblicamente da tutti i suoi concittadini, molti dei quali lo avevano seguito fino a Monza. Ludovico, dopo quella vittoria, da’ per scontato che il suo posto in squadra sia riconosciuto e definitivo. Apre la stagione con due secondi posti alla 24 di Daytona e alla 1000 km di Monza, in coppia con Parkes e il quinto posto al Gran Premio di F1 a Brands Hatch. Poi Montecarlo, il gran premio più ambito e difficile della stagione di F1. Ma siccome con Enzo Ferrari non c’è nulla di scontato, ha l’amarissima sorpresa di essere invitato al Gran Premio di Monaco insieme a Lorenzo Bandini, e di vedere affidare una macchina solamente a quest’ultimo. E’ un gran premio segnato da un evento atroce: Bandini va fuori strada, la sua Ferrari si incendia, morirà dopo qualche giorno di terribile agonia. L’impressione è grandissima, non solo negli ambienti sportivi. Al Gran Premio di Siracusa Scarfiotti e Parkes arrivano appaiati, e dedicano il premio al compagno appena scomparso. La stagione sembra essersi improvvisamente spenta: a Ludovico é data una macchina soltanto al Gran Premio d’Olanda e al Gran Premio del Belgio. Il 26 ottobre 1967 “Auto Italiana” pubblica tre righe che hanno l’effetto di un vero fulmine a ciel sereno: “Ludovico Scarfiotti ha firmato il contratto con la Porsche, con la quale disputerà l’anno prossimo il Campionato Europeo della Montagna. Inoltre il pilota italiano sarà impegnato, sempre per la marca tedesca, nella Targa Florio, nella 1000 km di Monza e in quella di Nurburgring oltre che alla 24 Ore di Le Mans”. Nessuno se lo aspettava, per Lodovico quella decisione segnò un punto di non ritorno nei suoi rapporti con la Ferrari. Si presenta a Monza alla guida di una Eagle, ed insieme al contratto con la Porsche firma anche un impegno con la Cooper per una prima guida in F1. A Capodanno, al Gran Premio del Sudafrica, ha un banale quanto fastidioso incidente che lo costringe all’immobilità per un paio di mesi. Riprende l’attività in primavera, e ancora una volta annuncia di voler presto abbandonare le cronoscalate per dedicarsi unicamente alla massima categoria.

L'incidente


Nei primi giorni di giugno si reca a Rossfeld, nella Germania meridionale al confine con l’Austria, per le prove del Premio delle Alpi. Il giorno prima della gara è tranquillo, sicuro, in forma. Sale sulla sua Porsche 910, a otto cilindri e 270 cavalli, e percorre una prima volta il tracciato, lungo complessivamente sei chilometri, con un dislivello di 505 metri e pendenze fino al 13%. Lo imbocca una seconda volta, ma all’altezza di una stretta curva a destra, la quarta dalla partenza, al chilometro 2,4 del percorso, in un punto tra i meno pericolosi , esce di strada e riporta ferite mortali. Nessuno ha assistito all’incidente, che é ricostruito solo sulla base delle tracce lasciate dalla vettura sull’asfalto. Da queste tracce si capisce che Ludovico, che viaggiava ad una velocità tra i 130 e i 140 km/h, ha frenato a fondo circa 60 metri prima della curva e non ha più alzato il piede dal pedale. Una striscia nera lasciata dalle gomme, senza accenno di sbandata, si interrompe sul ciglio della strada. Scarfiotti è proiettato fuori dalla vettura e finisce contro alcune piante. Nonostante il casco, riporta ferite gravissime al capo e muore durante il trasporto in ambulanza. L’incidente sembra incomprensibile. Il fondo non era ancora bagnato, non vi sono segni di collisione con nulla. Gli organizzatori parlano subito di velocità eccessiva. Ma qualche giorno dopo la tragedia “Autosprint” pubblica il resoconto di una conversazione avuta da Ludovico il 4 giugno con un giornalista del quotidiano sportivo bolognese “Stadio”. Egli parla dell’ultima gara del Campionato Europeo della Montagna, in Spagna, vinta dal suo più agguerrito avversario, il tedesco Mitter. Scarfiotti confida, precisando di non scrivere nulla, di aver subito sia lui che Mitter, la rottura dello sterzo a causa dei continui alleggerimenti della vettura, definendoli una pazzia. Quanto pubblicato diventa una testimonianza agghiacciante, un atto di accusa preciso. Ma il 10 giugno la Procura di Stato di Traunstein già conclude l’inchiesta tecnica sulle cause dell’incidente, considerandolo un errore del pilota. Dopo quarant’anni resta ancora un velo sulla morte del re della Montagna, Ludovico Scarfiotti.