Checcoli Mauro

Da Wikisport.
Jump to navigation Jump to search

IMMAGINI

Mauro Checcoli (Bologna, 1 marzo 1943) è un cavaliere italiano, vincitore di due medaglie d'oro nell'equitazione ai Giochi olimpici di Tokyo 1964. Laureato in ingegneria, dopo la carriera sportiva, ha intrapreso l'attività di progettista architettonico. È stato anche professore universitario, Checcoli ha partecipato a tre Olimpiadi: nel 1964, ’68, quindi per motivi professionali interrompe l’attività internazionale, gareggiando solo a livello nazionale, ma riprende in vista dei Giochi di Los Angeles nel 1984 e partecipa alla gara americana. In questo lasso di tempo ha tra l’altro progettato e realizzato con l’architetto Mingozzi a San Lazzaro (Bologna), l’impianto “La Pulce”, un fiore all’occhiello dell’equitazione emiliana, destinato all’istruzione dei giovani ed all’allevamento dei cavalli.

Carriera


Per quanto attiene la carriera agonistica di Mauro Checcoli, alle Olimpiadi di Tokyo vince l’oro individuale di completo su Surbeam e poi quello a squadre con Angioni e Ravano. L’anno seguente, il 1965, lo vede campione italiano nel concorso completo. È anche campione internazionale di Francia. Nel ’68 a Messico la sua presenza è poco fortunata e nell’84 a distanza di venti anni dal primo oro, ritorna ai massimi livelli sfiorando una rocambolesca medaglia. Premio CONI per la tesi di Laurea e Premio CONI nel concorso “Il sole negli impianti sportivi” nel 1984. Presidente del CONI Provinciale di Bologna fino al 1988, è Presidente della Federazione dallo stesso anno fino al 1996, quando decide di non candidarsi. Dal 1992 al ’96 è stato anche Membro della Giunta CONI. (copiato Medagliedoro.org) Responsabile di corsi universitari di specializzazione in impianti sportivi, è autore di pubblicazioni tecniche nel settore dell’impiantistica.

Concorso completo di equitazione


A parte gli addetti ai lavori, ancora oggi non sono molti a sapere che cosa sia esattamente il concorso completo di equitazione, una competizione inserita nel programma delle Olimpiadi sin dal 1912 e che attraversa tre giorni consecutivi di gare, proponendo prove dalle caratteristiche diametralmente opposte, che richiedono uno straordinario affiatamento uomo-cavallo. Figurarsi quale fosse la conoscenza nel 1964, allorché nel tardo pomeriggio del 19 ottobre, un lunedì, nella sala stampa olimpica di Tokyo piombò la notizia che i cavalieri italiani avevano conquistato due medaglie d' oro a Karuizawa, una località a 150 chilometri dalla capitale giapponese. Titolo individuale proprio per il bolognese Mauro Checcoli, all' epoca ventunenne studente in Ingegneria, e titolo a squadre per lo stesso Checcoli, affiancato dal friulano Alessandro Argenton, dal romano Paolo Angioni e dal genovese Giuseppe Ravano. Una doppietta senza precedenti per lo sport azzurro, che in precedenza nel completo aveva racimolato soltanto un argento e un paio di bronzi all' inizio degli anni Venti. Tra i giornalisti italiani si intrecciarono sguardi che mescolavano stupore, soddisfazione e smarrimento. Per preparare quella che quasi quartant' anni fa è stata la prima affermazione italiana nella storia olimpica in una specialità tradizionalmente feudo di scandinavi, tedeschi, olandesi e britannici ventotto furono i mesi di allenamento trascorsi ai Pratoni del Vivaro, una località a una quarantina di chilometri da Roma, dopo che il Coni aveva investito una cinquantina di milioni nell' acquisto di un gruppo di cavalli irlandesi. Una preparazione severa e scrupolosa, quasi ossessiva. Almeno tre allenamenti al giorno, una vita da eremiti, unici svaghi la Tv, il cinema a Frascati e qualche rara incursione a Roma. Quella del doppio oro di Karuizawa resta per Checcoli una soddisfazione indimenticabile che somiglia a una bella favola. «Avevo cominciato a cavalcare quando avevo dieci anni, preferendo l' equitazione al basket e all' atletica. Mio padre possedeva un' impresa che costruiva impianti ippici e fu così che mi avvicinai al mio sport». Il cavallo con cui Checcoli vinse nel ' 64 si chiamava Surbean. «Avevamo raggiunto un affiatamento perfetto. Ma ancora meglio mi sarei trovato con Rosario, che avrei dovuto montare nel ' 72 a Monaco ma che purtroppo s' azzoppò alla vigilia dei Giochi. Chissà, forse avrei potuto vincere ancora». Checcoli ci avrebbe riprovato soltanto nel 1984, già quarantunenne, allorché Mangilli gli propose di aiutarlo nella preparazione dei cavalieri destinati a Los Angeles e lui s' accorse di andare ancora forte. «Un pensierino l' avevo fatto anche per Sydney 2000, nonostante l' età. La verità è che più vai avanti con gli anni e più sei capace di capire un cavallo».

Dopo il ritiro


Oggi l'ultra settantenne ingegnere bolognese, che presiede l' Accademia olimpica dopo aver guidato per otto anni la Federazione sport equestri, si concede una cavalcata quasi quotidiana ma non partecipa più a gare. «Mi diverto a verificare la mia condizione» spiega, sottolineando orgogliosamente di detenere ancora il primato del più giovane cavaliere vincitore di una prova olimpica. «Quando conquistai l' oro a Karuizawa avevo 21 anni e 232 giorni». (Copiato Corriere.it)

Vedere anche