XXIII inv. - 2010 Vancouver (CAN)
IMMAGINI
2010 Vancouver (CAN)
Città ospitante | Vancouver, Canada |
Nazioni partecipanti | 82 |
Atleti partecipanti | 2 629 |
Competizioni | 86 in 15 sport |
Cerimonia apertura | 12 febbraio 2010 |
Cerimonia chiusura | 28 febbraio 2010 |
Aperti da | Michaëlle Jean |
Giuramento atleti | Hayley Wickenheiser |
Giuramento giudici | Michel Verrault |
Ultimo tedoforo | Wayne Gretzky |
Stadio | BC Place Stadium |
I XXIII Giochi olimpici invernali (in inglese XXIII Olympic Winter Games) si svolsero a Vancouver (Canada) dal 12 al 28 febbraio 2010. Nella stessa località si tennero i X Giochi paralimpici invernali dal 12 al 21 marzo 2010.
Si trattò della terza manifestazione olimpica a svolgersi in territorio canadese, dopo Montréal 1976 e Calgary 1988.
Seguendo la tradizione olimpica l'allora sindaco di Vancouver, Sam Sullivan, ricevette la bandiera olimpica alla conclusione della cerimonia di chiusura dei Giochi di Torino 2006. Questa bandiera venne issata il 28 febbraio 2006 in una speciale cerimonia. L'evento fu ufficialmente aperto dal governatore generale Michaëlle Jean.
Gli slogan di questi Giochi olimpici invernali furono "With glowing hearts" in lingua inglese (tradotto in italiano Con i cuori ardenti) e "Des plus brillants exploits" in lingua francese (in italiano Delle gesta più brillanti), due frasi estratte dalle due versioni dell'inno nazionale canadese.
Per la seconda volta le Olimpiadi Invernali approdarono in Canada. Dopo Calgary nel 1988, l'edizione di Alberto Tomba, fu Vancouver ad ottenere la fiducia del CIO per organizzare l'edizione 2010. Una vittoria piuttosto sorprendente quella di Vancouver. Nella prima votazione tra le candidate Vancouver, la coreana Pyongyang e Salisburgo, fu infatti quest'ultima ad ottenere il maggior numero di consensi dai membri del CIO.I membri che in prima istanza avevano scelto la città austriaca, nel ballottaggio riversarono in massa le proprie preferenze su Vancouver e così tra il disappunto coreano le Olimpiadi Invernali presero la strada del Canada. Fu una scelta che confermò la tendenza che aveva portato sempre più nelle ultime edizioni le Olimpiadi Invernali dai piccoli paesi montani alle grandi città. Ovviamente questo ampliò notevolmente le distanze: lo sci alpino per esempio si svolse a Whistler Mountain, ad oltre 100 km di distanza da Vancouver.
Rispetto alle discipline presenti a Torino l’unica novità di rilievo dell’edizioni del 2010 fu l’introduzione, all’interno del programma del freestyle, dello ski cross, gara che prevedeva la contemporanea discesa di più atleti per una pista in cui venivano introdotte artificialmente difficoltà tecniche come curve, gobbe e salti.
Il CIO votò nel 2006 di non includere il salto con gli sci femminile nei Giochi del 2010 sulla base del fatto che lo sport non fosse ancora sufficientemente sviluppato e che non soddisfacesse i criteri di base per l'inclusione.
Secondo la lobby Women's Ski Jumping USA, un gruppo composto da "alcune delle migliori donne saltatrici con gli sci", depositò un reclamo (Statement of Claim) presso la Corte Suprema della Columbia Britannica, citando in giudizio il Comitato organizzatore dei Giochi di Vancouver per l'esclusione delle donne saltatrici dai Giochi di Vancouver, e sostenendo che i loro diritti erano stati violati, secondo la Carta canadese dei diritti e delle libertà. Tuttavia il 10 giugno 2009 la Corte Suprema si pronunciò contro il gruppo, affermando che nonostante la discriminazione subìta dalle donne, la questione era una responsabilità del Comitato olimpico internazionale e non era quindi regolata dalla Carta, ed inoltre che la Carta canadese dei diritti e delle libertà non si poterva applicare al VANOC, con la frase: "In altre parole, il VANOC non era tenuto a distribuire equamente ciò che non aveva il potere di fornire."
Il villaggio degli atleti, collocato a Southeast False Creek, venne originariamente progettato per essere un modello di comunità sostenibile, con soluzioni per l'efficienza energetica allo stato dell'arte, e un mix di edilizia a mercato e di edilizia sociale, un terzo a mercato, un terzo di edilizia popolare e un terzo di edilizia sovvenzionata per persone a medio reddito. La Città di Vancouver avrebbe raggiunto un utile economico grazie alla vendita degli alloggi a mercato. Tuttavia un nuovo consiglio della città nel 2005 lasciò cadere le disposizioni per l'edilizia sovvenzionata a reddito medio e quindi vendette i terreni ad un imprenditore privato per 193 milioni di dollari. Ulteriori polemiche scoppiarono quando il promotore privato e la società di investimento a lui associata si ritirarono dal progetto, costringendo la città di Vancouver a sopportarne le passività, il che portò alle dimissioni di un urbanista in segno di protesta e costrinse la città ad apportare modifiche al proprio statuto tramite una legge speciale, al fine di consentire di prendere in prestito denaro per finanziare il completamento del progetto.
Vancouver e il Canada si prepararono con cura per una cerimonia d’apertura che si annunciava, come sempre, altamente spettacolare, ma a poche ore dal suo inizio l’atmosfera di festa fu drammaticamente interrotta dalla notizia della morte di Nordar Kumaritashvili nel corso delle prove della gara di slittino. Mentre scendeva a 140 km/h il giovane georgiano fu sbalzato violentemente fuori dalla pista, andando a sbattere contro un pilone d’acciaio privo di alcun tipo di protezione e rimanendo ucciso sul colpo. Un avvenimento tragico che segnò profondamente questa edizione Olimpica.
Al contrario di quanto era accaduto però a Sydney, Atene e Torino e sulla scia di quanto era invece avvenuto a Pechino le due Coree si presentarono rigorosamente separate a conferma del raffreddamento dei rapporti politici. Per la prima volta parteciparono ai Giochi invernali i CNO di: Isole Cayman, Colombia, Ghana, Montenegro, Pakistan, Perù e Serbia.
Riguardo invece la squadra azzurra, dopo un ventennio di trionfi inaugurato ad Albertville 1992, conquistarono una medaglia d’oro solo all’ultima giornata di gare. Eppure tutto sembrava essere cominciato nel migliore dei modi grazie al sorprendente bronzo di Alessandro Pittin nella combinata nordica. Prima del suo esordio il combinatista di Cecivento aveva dichiarato umilmente: «Penso che la mia Olimpiade arriverà fra quattro anni», ma dopo un ottimo salto che lo proiettava al sesto posto, non si lasciò sfuggire l’occasione di bruciare le tappe. Raggiunse nella frazione con gli sci di fondo il gruppetto dei migliori e riuscì a finire alle spalle del fenomeno Lamy Chappuis e dell’americano Spillane nello sprint finale, conquistando la prima medaglia in questa disciplina per l’Italia.
Con una certa delusione tra l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori fu invece accolto il bronzo dell’eterno Armin Zöggeler nella gara maledetta dello slittino. Pesantemente penalizzato dalla scelta di abbassare la partenza e dal ghiaccio molle, il carabiniere di Foiana si dovette arrendere allo strapotere dei tedeschi Felix Loch e David Möller, ma fu capace comunque di respingere l’assalto del russo Albert Demčenko, conquistando così la sua quinta medaglia in altrettante Olimpiadi. Sempre nello slittino la coppia formata da Oberstolz e Gruber ottenne un beffardo quarto posto, che si andò ad aggiungere alle tre “medaglie di legno” conquistate in passato nei Campionati mondiali.
Lo sci alpino celebrò un'edizione in cui mancò una stella di primissima grandezza. Finalmente Bode Miller riuscì a coronare il sogno dell'oro olimpico. Passato attraverso fasi altalenanti della carriera, dall'esuberanza all'apatia, il funambolo americano riuscì a presentarsi alle olimpiadi di Vancouver in buone condizioni e a vincere la supercombinata, oltre all'argento in supergigante e al bronzo in discesa. Il supergigante fu del solido norvegese Aksel Lund Svindal, mentre in discesa ad imporsi fu lo svizzero Didier Defago, un atleta scopertosi grande discesista ad oltre trent'anni. Tra le donne la plurimedagliata fu Maria Riesch, un'elegante tedesca che si aggiudicò slalom e supercombinata. A fare stupore furono anche i voli di due svedesi nelle gare di velocità, il quarantenne Patrick Jaerbyn e la pluricampionessa Ania Paerson. Due cadute paurose dalle quali si ripresero velocemente. Soprattutto la coriacea Paerson che andò a vincere la medaglia di bronzo in supercombinata.
Un altro grande personaggio, pur fallendo il bis olimpico, fu lo “zar del ghiaccio” Evgenij Pljuščenko. Argento a Salt Lake City 2002 e oro a Torino 2006 nel pattinaggio artistico, per due anni aveva girato il mondo con il suo show e, tornato alle gare nell’inverno 2009-2010 vincendo gli Europei, era attesissimo. Soprattutto dopo l’introduzione di un nuovo sistema di giudizio, il russo era infatti un simbolo per tutti coloro che nel pattinaggio artistico volevano privilegiare i salti e i gesti atletici sulla creatività e l’emozione, rappresentata invece da Lysacek e Takahashi. Dopo una gara tiratissima, con 257.67 punti contro i 256.36 di Pljuščenko, il campione olimpico fu però l’americano Evan Lysacek, il quale, benché non avesse mai effettuato il salto quadruplo, fu impeccabile negli aspetti artistici e non commise errori nei salti. L’esercizio del russo fu come sempre ammiccante e sfrontato, ma, pur senza sbagliare i salti, pagò a caro prezzo qualche sbavatura. Non convinto del verdetto finale, lo sconfitto provocò Lysacek: «In questo sport bisogna saltare non ballare […] Non so se il nuovo campione è capace di fare un quadruplo, io sì».
Grazie ad una presenza massiccia in tutte le discipline i padroni di casa conclusero al primo posto il medagliere per nazioni con 26 medaglie e 14 ori davanti a Germania e Stati Uniti che, pur alle spalle dei canadesi negli ori, vinsero un numero maggiore di medaglie: rispettivamente 30 e 37.
Il Presidente russo Medvedev non partecipò alla cerimonia di chiusura, deluso per i risultati dei suoi atleti – fuori dalla top-ten nel medagliere con 3 ori 5 argenti 7 bronzi – e per la mancata finale nell’hockey. Un concetto espresso anche dal Primo Ministro Putin che ammise: «Ci aspettavamo di più. Ora dobbiamo creare le condizioni per una partecipazione competitiva a Soči».
Il presidente del CONI Petrucci parlò invece di «Giochi in chiaroscuro, tra il 5,5 e il 6».