NERI ROMEO

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[Rimini, 1903 – Rimini, 1961]
Ginnastica
Alle Olimpiadi di Los Angeles, nell’agosto del 1932, la ginnastica italiana dei tempi eroici recitò il suo canto del cigno. Quella grande scuola che aveva avuto i suoi capostipiti in Alberto Braglia e in Giorgio Zampori sembrava avere inaridito le sue fonti. Ma in California la tradizione emiliana ebbe un altro grande sussulto per le gesta del suo ultimo grande esponente, Romeo Neri, un atleta che alla soglia dei trent’anni trovò modo e ispirazione per esaltarsi fino a dominare l’intero torneo riportando tre medaglie d’oro in cinque giorni di gare (con il corollario e il rimpianto per un quarto posto). Savino Guglielmetti, che gli fu compagno di squadra e in quella edizione dei Giochi vinse la medaglia d’oro al cavallo, lo definì “un istintivo dotato di fantasia inesauribile capace di creare sul momento le sue figure”. Neri era nato a Rimini il 26 marzo 1903, ultimo di cinque figli in una famiglia di disagiate condizioni, e aveva iniziato a gareggiare nel nuoto in Liguria, dove s’era trasferito col padre in cerca di lavoro, distinguendosi particolarmente, per la sua naturale coordinazione, nei tuffi liberi. In acqua non voleva costrizioni e prediligeva le grandi distanze tanto da ottenere nel 1919 due secondi posti nella traversata di Levante e in una inconsueta Abbiategrasso-Milano lunga 22 chilometri. Dopo essersi dedicato con buoni risultati agli sport della corsa e del nuoto, a partire dal 1920, su consiglio di Giovanni Balestri direttore ginnico della societa’ sportiva “Libertas Rimini”,riversa tutte le sue energie nella ginnastica divenendo ben presto l’alfiere del sodalizio di via Cairoli. Il casuale incontro con la ginnastica capitò al suo ritorno in Emilia, quando ormai il giovanotto aveva già superato i venti anni. Suo primo maestro fu Giovanni Balestri, ma in seguito fu allievo anche di Alberto Braglia e di Mario Corrias. Con una preparazione di pochi mesi alle spalle. Dal 1925 in questa disciplina ottiene un successo dopo l’altro: nel 1926 vinse a Prato il titolo italiano delle parallele, la specialità che rimase da allora il suo prediletto cavallo di battaglia. Nel 1928, alle olimpiadi di Amsterdam, e’ primo degli italiani e quarto assoluto nella classifica generale individuale; ad ottobre di quello stesso anno, a Tonni, diventa campione italiano. Due anni più tardi, a Torino, con addosso la maglietta del “GS Lancia” conquistò il primo dei suoi quattro titoli nazionali assoluti, l’ultimo dei quali lo avrebbe vinto nel 1933. Pur con la limitata esperienza di cui disponeva si presentò ai Giochi di Amsterdam dove – in un periodo di difficile transizione per la ginnastica azzurra si dimostrò il migliore degli italiani: conquistando la medaglia d’argento alla sbarra (superato solo dal grande svizzero Georges Miez) e piazzandosi al quarto posto nella classifica individuale, sopravanzato d’un soffio dallo slavo Leon Stukelj, curiosamente proprio a causa di una disastrosa prova al cavallo. Un quarto posto l’ottenne ancora negli anelli. Non poteva esserci esordio più soddisfacente per questo spericolato e determinato neofita. Ma la consacrazione vera Neri la ottenne quattro anni più tardi in America, alle Olimpiadi di Los Angeles nell’anno 1932, imponendosi come una delle stelle più luminose dei Giochi californiani. Dette l’avvio alla sua cavalcata l’8 agosto riportando un insoddisfacente quarto posto nel corpo libero. Poi, due giorni più tardi, dominò il concorso individuale contribuendo alla conquista di un’altra medaglia d’oro nella prova a squadre, assieme a Mario Lertora, Oreste Capuzzo e al milanese Guglielmetti. In quella circostanza gli azzurri dimostrarono una superiorità schiacciante che lasciò lontanissimo nel punteggio i padroni di casa. Nella prova individuale il vantaggio di Neri risultò abissale: in una disciplina abituata a valutare i distacchi nell’ordine delle frazioni di punto, i giurati gli attribuirono 140,625 punti. Il secondo non andò oltre i 134,925; Lertora e Guglielmetti, quarto e quinto, ottennero rispettivamente 134,400 e 134,375 punti. Basta questo per dimostrare quanto fosse stato superiore Neri rispetto al lotto degli altri ventitre finalisti. Il riminese concluse quella epopea due giorni dopo conquistando una terza medaglia d’oro nelle parallele. Dopo le Olimpiadi il suo rendimento andò lentamente calando. Aveva superato i trent’anni quando a Budapest, agli Europei del 1934, ottenne la medaglia d’argento nel concorso individuale (perdendo l’oro per soli 75/100) e quella di bronzo nel volteggio. Neri tentò ancora di qualificarsi per i Giochi di Berlino, ma un incidente d’allenamento – uno strappo muscolare al bicipite destro – lo mise definitivamente fuori gioco. A partire dal 1937 prende inizio la sua” carriera” di allenatore e ben presto anche in questo ruolo rivela attitudini non indifferenti e rimase per molti anni capitano della nazionale italiana, (dal 1951 al 1958 la Federazione di ginnastica d’Italia gli affida la Nazionale) della quale fu caposquadra ai Mondiali di Basilea del 1950 e a quelli di Mosca del 1958. Della squadra azzurra, della quale faceva parte suo figlio Romano (che non riuscì a ricalcarne a pieno le orme), era stato anche istruttore all’epoca delle Olimpiadi di Helsinki. Si ripete abitualmente che ogni sportivo resti, storicamente, un prodotto del proprio tempo. Nel caso di Neri resta legittimo chiedersi a quali risultati avrebbe potuto aspirare se il suo incontro con la ginnastica fosse intervenuto prima dei vent’anni. Romeo Neri si è spento a Rimini il 23 settembre del 1961. La sua città natale ha intitolato lo stadio al suo ricordo.