Massaccesi Luca

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nasce a Fabriano il 27.02.1965, inizia da ragazzo a praticare il Taekwondo nel centro sportivo di Fabriano del maestro Gianni Berardi, già nel 1981 conquista a 16 anni la prima finale dei campionati italiani cinture rosse e nere. Successivamente ottiene il bronzo nel 1982 e l’oro nel 1983. Entra a far parte del gruppo sportivo FF.OO. vincendo nel 1985 il campionato italiano, nel 1986 è terzo ai campionati italiani, e nello stesso anno partecipa ai campionati mondiali universitari a Berkley (università di San Francisco). Nel 1987 ottiene il secondo posto nei campionati italiani, il primo posto nella Coppa Italia, il primo posto in Olanda ed il primo posto nella coppa del Mediterraneo. 1988 l’anno dei primi posti , primo nei campionati italiani , primo in coppa Italia, primo negli internazionali in Italia. 1989, atleta azzurro agli internazionali in Iran, e coppa del mondo in Egitto, campionati del mondo in Corea. 1989 ancora primo classificato nel campionato Italiano, primo nella coppa Italia e primo negli internazionali in Italia. 1990, campione Italiano universitario(Camerino Marche), bronzo nei mondiali universitari a Santander ( vincendo contro Francia e USA) medaglia di bronzo alla coppa del mondo di Madrid(battendo Cina e Iran e pareggio in semifinale con USA) 1991 Campione italiano, primo nella coppa Italia 1992 vincitore torneo Italia Corea , medaglia di bronzo Olimpiadi di Barcellona sempre nel 1992.

Luca Massaccesi ha un passato sportivo di alto livello mondiale ed olimpico , è stato direttore tecnico della nazionale italiana di Taekwondo, insegnante per diversi anni di piccoli e grandi uomini. Oggi, oltre ad essere imprenditore, è presidente di Osservatori del bullismo, un’associazione Onlus, dove insieme a tanti suoi collaboratori, esperti sportivi campioni mondiali, giovani e meno giovani olimpici, di varie discipline, si trova impegnato a costruire un dialogo diretto con i ragazzi per trasmettere loro e perseguire un obbiettivo comune: portare un messaggio, la conoscenza del serio problema del bullismo, combattere questa piaga insegnando loro le vere vie della vita da loro stessi trovate . Luca Massaccesi dice: Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno dopo, ma tutto ciò che fai tutti i giorni che verranno dipende sicuramente da quello che fai oggi, quindi quello che fai oggi ti porterà ai risultati del futuro. Vi cito qualche messaggio che ogni atleta dell’associazione osservatori del bullismo trasmette a quanti si avvicinano alla voce di chi ha dato e ha ricevuto: -La violenza è inutile, è fine a se stessa. Il bullo è un insicuro, è un debole, perché chi mostra la forza certamente non la possiede. -La vittoria è bellissima. Ho vinto tanto, ma ci riesci solo se porti prima te stesso. -Lavora quotidianamente con tenacia, credi in te stesso, segui un obbiettivo,mettici il cuore e tutto te stesso. -L’importante è partecipare ma fa di tutto per vincere onestamente. - I bulli sono ridicoli ma non lo sanno, pensano di essere forti, invincibili, sono aggressivi perché hanno paura di se stessi, non hanno capacità di affrontarsi. Non seguiteli e lottate per affermarvi.

-Ho sempre pensato che la vera forza risiede nella nostra volontà di affermazione. La vittoria è premiante, è gratificante e conferma il lavoro svolto. La violenza, il bullismo, il branco, questo avviene ai deboli ai frustati che hanno bisogno di stare nel branco per essere vincenti. -Il corpo è la parte visibile della mente. Il buon maestro insegna a conoscere se stesso attraverso il movimento. La violenza non è parte della mia vita; insegno a vincere, a credere in se stessi, a lottare per la propria affermazione. -Conoscere quanto sia dura la strada che porta alla vittoria. Mi capita che qualche bullo viene in palestra: sono quelli che non vogliono lavorare, pieni di presunzione e arroganza, tornano a casa con una scusa. Vincere è un’arte che devi scoprire con il piacere ma soprattutto con il cuore. -Al tuo primo incontro nei campionati del mondo sai di essere forte perché rappresenti la tua nazione. Ti hanno scelto perché sei il migliore, sei il più forte. Al secondo campionato ti rendi conto che esiste un margine di miglioramento.

La Passione di Luca per le arti orientali nasce fin da bambino , quando chiede alla madre di comprargli il primo libro di Karate e da lì comincia a sottolineare con la matita le parole che impara per trasmetterle ai suoi compagni. Erano gli anni Settanta quando al cinema c’èrano le proiezioni del mitico Bruce Lee. Lui scrive: Una potenza di film, un’iniezione di flusso dopante che mi permetteva di camminare sulle acque della mia fantasia. Diventò il mio idolo, il Maestro da seguire, la filosofia da studiare e lo sport da intraprendere a tutti i costi. Ma un’immagine del film rimase scolpita nella mia mente per anni e fu quando a Bruce Lee venne chiesto quale lavoro svolgesse. Bruce si tolse lentamente gli occhiali, tipo “Ray Ban scuri”, guardò in faccia il suo interlocutore e rispose: “Sono un Maestro di Arti Marziali !!!” L’apoteosi.

Luca Massaccesi parla della sua esperienza passata di sportivo, parla di regole fatte, di scelte consapevoli che sono le fondamenta per costruire un risultato , per darsi un obbiettivo. Dice che la regola non è una costrizione ma la consapevolezza di crescita e di maturità. Certamente essere sportivo significa rinunciare, rispetto per certi canoni di comportamento. Ho raccolto qualche testimonianza tratta dal suo prossimo libro, dove mette in risalto non l’aspetto tattico tecnico di combattimento ma l’aspetto meditativo , l’aspetto interiore dovuto ad una spinta di coscienza di e fede, di amare , forte e capace di dettare regole e comportamenti capaci di arrivare al fine, all’obbiettivo prefissato finemente raggiunto, una gara mondiale di Taekwondo, che vi racconta nelle prossime righe in un capitolo del libro che sta scrivendo.

Mentre tornavo a Nettuno con la macchina, la mia mente vagava nel complicato percorso sportivo che stavo affrontando. Ero certamente felice di aver conquistato un posto nella nazionale, ma dovevo anche capire quanta strada avrei potuto fare con quella spalla. Lei sembrava aver recuperato bene, nel senso che non avvertivo più dolore, ma certamente la muscolatura che la fasciava si era indebolita tantissimo e, al primo contrasto, sapevo non avrebbe retto e si sarebbe di nuovo lussata con conseguenze tutte da immaginare. Ma oramai la rotta era stata tracciata e non potevo far altro che navigare. E pregare. Anche il rapporto con Dio e con l’infinito ignoto, che governa i destini e le sorti della gente, era palesemente maturato in me, alimentato dai quei tanti perché che fluttuavano nella mia mente. Mi sembrava naturale oramai rivolgermi costantemente a Dio, come fanno tutti gli esseri umani che si trovano in forte difficoltà e soffrono senza magari capire perché. Tutte quelle persone passionali che cercano disperatamente la realizzazione dei loro desideri e delle loro volontà perseguendo obiettivi che sentono vivi nella loro anima e pulsanti nei loro cuori e che, per questo, si trovano ad affrontare sentieri scoscesi e prove, a volte, ritenute inizialmente impossibili anche da loro stessi. La forza della loro volontà e del loro amore, per ciò che sentono fortemente come obiettivo da realizzare, li conducono in imprese estreme che, se da una parte tendono a soddisfare la loro più profonda natura, dall’altra li spingono in scelte di vita spesso incomprensibili ai più. Ma queste persone sono motivate da un desiderio davvero profondo, a volte inconsapevole ma potente quanto la loro esistenza, ed è per questo che continuano testardi nel perseguimento dei loro ideali. Una ricerca che li spingerà ad annodarsi intorno al loro io interiore e penetrare nelle viscere della loro più profonda essenza, alla scoperta di quella coscienza che nutre quotidianamente i loro ideali e li mette in diretto contatto con Dio e l’Universo. La preghiera più bella che sentivo di rivolgere a Dio, era in effetti la scelta della mia vita, coerente con i miei ideali e con il mio essere. Credevo, e credo tutt’ora, che ogni nostro respiro sia immerso in Dio, ogni azione, ogni scelta e ogni parola sono, se vogliamo, espressione di preghiera. Siamo parte integrante del Suo progetto e pertanto non esiste un Dio da pregare, ma solo uno da vivere, che si trova profondamente radicato al centro del nostro Universo, tutto da scoprire e da vivere. Qualcuno ha detto che la religione è l’oppio dei poveri, qualcun altro urla la sua saggia laicità, mentre molte persone, invece, cercano di vivere in completa solidarietà con le regole delle loro religioni, e pregano quotidianamente il loro Dio, cercando di accaparrarsi un minimo di ascolto, feeling e soddisfazione di richieste. che esista un solo Pensiero Supremo, al di sopra di tutte le religioni esistenti sulla terra, che sorride a tutti, comprende le ragioni di tutti e ci ama a prescindere da chi siamo e a che cosa noi crediamo. Quando combatto contro l’iraniano non posso pensare che ci sia uno scontro tra il mio Dio e il suo Allah e che la vittoria possa essere influenzata da chi ha pregato di più e non debbo andare in chiesa prima della gara. Non posso pregare affinché le sorti del combattimento siano più felici. Sarei un vigliacco!! Debbo pregare tutti i giorni, invece, nella chiesa del mio cuore, ascoltare le mie passioni, piegare la mia volontà e determinare razionalmente obiettivi e crescita. Se è vero, poi, che noi siamo espressione di Dio, allora ciò che dobbiamo ricercare è la nostra essenza e lavorare con energia affinché, attraverso il nostro fare, possiamo arrivare ad una profonda conoscenza di noi stessi. E questo consideravo preghiera e questo facevo. Se è vero, poi, che noi siamo espressione di Dio, allora ciò che dobbiamo ricercare è la nostra essenza e lavorare con energia affinché, attraverso il nostro fare, possiamo arrivare ad una profonda conoscenza di noi stessi. E questo consideravo preghiera e questo facevo. Percorrevo la mia strada donandomi con passione al lavoro e alle mie scelte, perseguivo con serietà i miei ideali, ascoltavo il mio cuore pulsante e vivevo con gioia e soddisfazione la mia crescita. Certo, vivevo spesso anche momenti di insicurezza, di titubanza e di tristezza e molto spesso mi domandavo perché lo facessi, cercando di capire quale fosse la logica delle mie azioni e della mia vita stramba, cosa mi spingesse a vivere al di fuori dei normali canoni percorsi dai miei coetanei, ma ogni volta non trovavo altro che la mia viscerale profonda passione per questo sport. Una spinta interiore fortissima, capace di impormi regole e dettare comportamenti. Mi sentivo forte, orgoglioso e realizzato solo quando seguivo il suo flusso, la sua spinta. Pagavo a caro prezzo queste scelte, ma sentivo ugualmente di non dover mollare. . E mi vennero subito in mente le frasi del mio amico psicologo: “la paura di vincere e anche la stessa paura di competere, è legata profondamente alla idea che l’atleta, e quindi la persona, ha costruito su se stesso. A parità di tecnica colui che risulterà vincente sarà quello che ha un alta considerazione di se stesso e che quindi ritiene di meritare un ruolo di prestigio nella competizione e sarà disposto a tutto pur di dimostrare a se stesso, e quindi al mondo, il suo valore. Avrà una marcia in più e condurrà la gara senza incertezze ed esitazioni, con la forza dirompente di chi si deve appropriare di ciò che considera suo.”