Ullrich Jan

Da Wikisport.
Versione del 23 mag 2016 alle 10:40 di Utente18 (discussione | contributi) (Creata pagina con "Jan Ullrich è nato a Rostock il 2 dicembre 1973,è un ex ciclista tedesco, soprannominato Kaiser Jan. • 1 Campionato nazionale tedesco su strada a cronometro: 1995<BR/>...")
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)
Jump to navigation Jump to search

Jan Ullrich è nato a Rostock il 2 dicembre 1973,è un ex ciclista tedesco, soprannominato Kaiser Jan.


• 1 Campionato nazionale tedesco su strada a cronometro: 1995
• 2 Campionati nazionali tedeschi su strada in linea: 1997, 2001
• 1 Tour de France: 1997
• 1 Classica di Amburgo: 1997
• 1 Vuelta a Espana: 1999
• 2 Campionati del mondo su strada a cronometro: 1999, 2001
• 1 Sydney 2000, in linea
• 1 Coppa Agostoni: 2000
• 1 Giro dell'Emilia: 2001
• 2 Giri di Svizzera: 2004, 2006
• 1 Coppa Sabatini: 2004
• 7 tappe al Tour de France
• 18 giorni in maglia gialla
• 1 tappa al Giro d'Italia
• 2 tappe alla Vuelta a Espana
• 10 giorni in maglia Amarillo


Nello sport professionistico tanti darebbero l'anima per diventare campioni. Poche volte capita di vederne uno che pur essendolo non si danna per sottolinearlo. Uno è Jan Ullrich. Per chi avesse poca dimestichezza con le due ruote è bene sottolineare che si tratta di uno di quei ciclisti a cui natura ha donato capacità che solo pochi altri hanno avuto. Anche ai non addetti ai lavori, i nomi di Bartali, Merckx, e forse di Hinault e Indurain dicono qualcosa. Sono quelli di atleti che fino a quando sono rimasti in bicicletta hanno vinto moltissimo e su ogni percorso. Per chiarire di che tipo di ciclisti si tratta è bene fare una premessa. Nel pugilato, come noto, si combatte per categorie di peso, senza possibilità di incroci: il peso leggero contro il peso leggero; il peso massimo contro il peso massimo; etc. Non è ammesso che il peso leggero combatta contro il peso massimo. Nella boxe ogni categoria ha proprie specificità. Il peso leggero sarà più rapido del peso massimo nei movimenti ma meno devastante nei colpi. Anche nel ciclismo ci sono varie categorie: tre macro categorie: scalatori, velocisti, passisti. Anche in questo caso ognuna ha proprie particolarità e, in un gioco di pesi e contrappesi, a un punto forte corrisponde una debolezza. Lo scalatore, quello "puro" - con peso intorno ai 60kg - lo si vede nelle salite, soprattutto quelle con pendenze elevate, oltre il 7%. Tende a stare in piedi sui pedali, con un rapporto abbastanza duro. Se non ci sono montagne non c'è motivo che ci sia lo scalatore. Nei percorsi in pianura sta nella "pancia del gruppo", cioè all'interno del gruppo compatto dei ciclisti, per viaggiare a velocità molto più elevate di quelle che egli - da solo - riuscirebbe a raggiungere. Nei percorsi in pianura, con arrivo in pianura, è il velocista a stare all'erta. Deve avere una potenza muscolare notevole, da sprigionare negli ultimi trecento metri quando spinge il massimo rapporto alla massima potenza. Il passista è un treno che, nella migliore delle ipotesi, deve sapere andare sempre alla stessa velocità. Se lo riesce a fare, in salita, in tutti i tratti, a tutte le pendenze, farà la felicità di qualunque direttore sportivo, e del capitano, magari impegnato a conquistare o difendere il primo posto in una grande corsa a tappe. È possibile che un ciclista sia tutte e tre cose insieme (scalatore, passista, velocista)? Per logica la risposta è "no". Un "no" da sottolineare cinque volte. Un ciclista, insieme scalatore, passista e velocista sta a un pugile che sia allo stesso tempo peso leggero, peso medio e peso massimo. Per logica. Ma oggi lo sport non è solo logica e poiché nessuno ormai si meraviglia che, attraverso opportuni trattamenti genetici, un pomodoro possa avere il sapore di arancia, c'è da credere, con buona approssimazione, che non passerà molto tempo dacché un ciclista contemporaneamente scalatore, passista e velocista non impressionerà più di tanto gli addetti ai lavori e gli spettatori. In fondo già avviene...

Se non è realistico essere insieme scalatore, velocista e passista è invece possibile integrare alla specializzazione primaria una delle altre due. Ad esempio, il velocista, per natura sofferente in salita, attraverso un maggiore allenamento su quel terreno può ottenere un miglioramento. Così, ad esempio, se prima, in una tappa in montagna arrivava con quaranta minuti di ritardo dai primi, dopo il potenziamento in salita può arrivare con venti minuti di ritardo. Per altro verso, il velocista che si allena di più in salita perde una parte di quella potenza muscolare originaria e, di riflesso, negli arrivi in volata non sarà più così forte come prima. Ne è un esempio Eric Zabel. In origine velocista "puro", nel corso degli anni è migliorato in salita, a costo di perdere parte delle sue caratteristiche iniziali. Si è trasformato in un altro tipo di velocista, non più "puro" ma in grado di resistere nelle salite, molto meglio di tanti suoi colleghi, e in grado di continuare a dire la sua nelle corse con arrivo in leggera salita. Pesi e contrappesi si diceva prima. Si guadagna in qualcosa e si perde in qualcos'altro. Per le grandi corse a tappe (Giro d'Italia, Tour de France, Vuelta di Spagna), a parte qualche eccezione, sono i passisti a primeggiare. Passisti però di categoria superiore, in grado di tenere in salita e di andare in fuga, dopo avere fatto cedere gli avversari con un ritmo alto, e - condizione sempre più ineludibile - di essere anche bravi nelle prove a cronometro. Nella storia del ciclismo quei quattro di prima - Bartali, Merckx, Hinault, Indurain - sono stati esempio di questo di tipo di ciclista. Indurain, i suoi Tour li ha vinti infliggendo distacchi di minuti agli avversari nelle tappe a cronometro e non mollando mai, o quasi, nelle salite, dove era molto difficile staccarlo. A questo quartetto di passisti-cronoman si può aggiungere Jan Ullrich. Campione del mondo dilettanti nel '93; 2o al Tour del France del '96; 1o a quello del '97; 2o a quello del '98; 1o alla Vuelta '99; Campione del mondo, a cronometro, ai mondiali del '99; 2o al Tour del 2000; Medaglia d'oro alle Olimpiadi di Sidney nella prova su strada e Medaglia d'argento nella prova a cronometro; 2o al Tour del 2001; 2o al Tour del 2003; 1o al Giro di Svizzera del 2004. Oltre cinquanta corse vinte. Eppure resta il rammarico che il numero di questi successi, in condizioni differenti, si sarebbe potuto moltiplicare. . Ullrich è certamente l’antitedesco. Per nulla metodico negli allenamenti, per nulla lucido e razionale in corsa, ma dotato di mezzi fisici eccezionali. Uno che arrivò secondo al suo primo Tour de France, alle spalle di un suo compagno di squadra, quel Bjarne Rijs che, passato a direttore sportivo, è oggi tra i principali artefici dell’exploit di Ivan Basso. A detta di molti, quel Tour Ullrich l’avrebbe vinto con una gamba sola, ma dovette correre col freno tirato per ordini di scuderia. Aspettò, e l’anno dopo, a ventitre anni, vinse a mani basse. Era il 1997 e Jan Ullrich sembrava un predestinato, uno di quelli che arrivano e segnano un’epoca: i giornali lo chiamarono subito il kaiser. Sulla sua strada però arrivarono prima Pantani e poi Armstrong, due che quando correvano in bicicletta non erano di questo pianeta; la fulgida carriera che gli si prospettava davanti diventò una sfilza micidiale di secondi posti; la superiorità di Lance Armstrong, la sua feroce determinazione, la sua meticolosità nel preparare le corse accentuarono i difetti del tedesco. Da qui i rimpianti per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato Jan “Kaiser” Ullrich ,un potenziale fuoriclasse rimasto campione.

I suoi piu’ grandi successi rimangono senza dubbio il Tour 1997,l’oro a Sidney 2000 nella prova in linea,i 2 mondiali a cronometro 1999 e 2001..ma sicuramente avrebbe potuto collezionare molti piu’ successi se avesse messo maggiore impegno nell’allenamento e controllato gli eccessi.

Il Ritiro

Nel 2006 ritorna al Giro d'Italia dove ottiene una vittoria di tappa a cronometro, poi vince nuovamente il Giro di Svizzera. Al Tour de France, visto il ritiro dalle corse di Armstrong, avrebbe finalmente l'occasione di bissare il successo del 1997, ma alla vigilia della corsa francese viene implicato nella cosiddetta Operación Puerto, che lo vede coinvolto per uso di doping. Viene escluso dall'organizzazione del Tour, quindi sospeso dalla sua squadra e in seguito licenziato. Per tutto il periodo dell'inchiesta Ullrich, a differenza di altri corridori coinvolti, si dichiara sempre estraneo alla vicenda, fino al 26 febbraio 2007 in cui annuncia il suo ritiro dall'attività agonistica. Successivamente le analisi sanguigne confermeranno il suo coinvolgimento

Le sue dichiarazioni dopo il ritiro

Ullrich ha interrotto un silenzio durato otto mesi con una conferenza stampa convocata in un grande albergo di Amburgo. Centocinquanta tra giornalisti e fotografi in sala, riflettori, telecamere. Con la mamma Marianne, la moglie Sarah, i fratelli Stefan e Thomas, i due allenatori che l' avevano scoperto e lanciato, Peter Sager e Peter Becker, il manager Wolfgang Strohband. Ma l' amico e mentore degli anni da professionista, Rudy Pevenage, non è venuto. Più che una conferenza stampa, è stato un monologo, durato, senza interruzioni, 43 minuti. Nessuna domanda concessa ai giornalisti. Sin dall' inizio una bordata di astiose accuse: contro la federazione internazionale che lo ha sospeso, quella svizzera che gli ha tolto la licenza, gli inquirenti spagnoli dell' Operacion Puerto, i media. Ma soprattutto contro il presidente della federciclo tedesca, l' ex ministro della difesa Rudolf Scharping, che lo aveva accusato di aver rovinato lo sport delle due ruote, e al quale Jan ha rinfacciato di essersi fatto solo facile pubblicità alle sue spalle, quando vinceva. SICURO «Non ho nulla da rimproverarmi. Nella mia carriera non ho mai imbrogliato, né danneggiato nessuno», ha detto Ullrich. Ma non una parola circa il principale elemento sul quale si basano i sospetti e le accuse e che ha dato il via alle inchieste contro di lui: le famose sacche di sangue attribuite a lui, sequestrate in Spagna al dottor Eufemiano Fuentes. Soltanto un riferimento a quel 30 giugno 2006, quando - dopo l' esplosione dello scandalo spagnolo - fu escluso dal Tour che stava per cominciare e che lui, finalmente senza più il grande rivale Armstrong, voleva vincere a ogni costo: «Ancora non so perché sono stato escluso. E' stato un giudizio pronunciato in anticipo da parte della stampa e delle federazioni». RIFLESSIONE Poi l' annuncio del ritiro: « Non sono accusato di nulla, potrei riavere subito la licenza per correre, ho sette offerte da parte di altrettanti team, anche del ProTour. Sono assolutamente in forma. Ma dopo lunga riflessione ho deciso di concludere qui la mia carriera attiva, pur se resterò nel mondo del ciclismo». Così, Jan ha annunciato la «piacevole notizia» sul suo futuro: farà il «consigliere, testimonial e rappresentante» della Volksbank, squadra austriaca di categoria Professional, che ha sede a una sessantina di chilometri dalla sua casa in Svizzera: «Per me la vita comincia davvero adesso. Sono un uomo felice, sano e anche giovane, che sa quello che vuole». E se n' è andato dall' albergo, protetto dallo schermo del suo clan. Jan Ullrich ha dimostrato di essere un grande ciclista. Perché rifiutando la maschera di "imbattibile" ha affermato la volontà di essere, prima di tutto, un giovane del suo tempo. Non un automa senza emozioni, costruito per vincere a vantaggio del business, ma una persona normale con una forza atletica non comune che sa vincere ma che accetta anche la sconfitta, come negli ultimi anni al Tour, dove ha incontrato il "fenomeno" Armstrong. Per questo motivo Jan Ullrich e rimarrà un ciclista benvoluto. Perché non ha vissuto in modo ossessivo per il ciclismo e non è disposto a fare qualunque cosa per vincere. Un'affermazione di personalità e cultura che in tempi di sport-spettacolo e sport-business è prova di carattere e di indipendenza sempre più difficile da trovare nei grandi campioni.E’ per questo che noi fan lo ricorderemo sempre con grande affetto per le emozioni che ci ha regalato con le sue azioni,la sua carriera fatta di alti e bassi ma di momenti magici.. Preso dall’Autobiografia di Jan Ullrich “o tutto o niente” (Jan Ullrich-Hagen Bossdorf)e da una recensione di questo libro Storia del Ciclismo presa da un inserto uscito con un quotidiano